
Impegno contro la violenza di genere
Comunicato al Dipartimento di Chimica - aprile 2025
Negli ultimi giorni l'Italia è stata scossa dalla notizia degli omicidi di due studentesse universitarie poco più che ventenni: Sara Campanella e Ilaria Sula, uccise ancora una volta da uomini incapaci di gestire il loro senso di dominio, ancora una volta convinti di avere un qualche diritto di determinazione sulle vite di altre. Nel novembre del 2023, le comunità accademiche erano state scosse da un altro femminicidio, quello di Giulia Cecchettin; a distanza di due anni la situazione si ripete.
I femminicidi delle due studentesse non sono però diversi dagli altri nove registrati dall’inizio dell’anno, ma queste morti ci riguardano da vicino, avvengono nella nostra "comfort zone”. La foto di Ilaria Sula l’abbiamo vista in aula studio, affissa sui muri di questa città universitaria con l’appello a dare notizie se qualcuno l’avesse vista.
Non possiamo quindi considerare queste morti violente come una cronaca di una società malata; questa è la nostra società e abbiamo l’obbligo di interrogarci su cosa possiamo fare per cambiare le cose.
Il mondo accademico, la punta più alta della cultura e responsabile della formazione delle classi dirigenti del nostro Paese, ha l’obbligo di inserire la lotta alla violenza di genere nelle sue fondamenta, ma in modo proattivo.
Il femminicidio, lo sappiamo, non è un omicidio accidentale, è un atto brutale di potere, è basato sul genere, sui generi, è l'esito o la conseguenza di altre forme di violenza o discriminazione di genere. Le studiose e gli studiosi lo considerano la punta dell’iceberg di un sistema del quale il patriarcato è un humus culturale, in cui la violenza è un continuum, qualcosa che attraversa le relazioni tra le persone a tutti i livelli.
Allora tutte/tutti noi dobbiamo fare qualcosa.
Dobbiamo partire dal basso, dal contrasto di quel tessuto culturale nel quale tutte e tutti noi siamo cresciute: partire dalle molestie più diffuse e più tollerate, quelle legate al genere, quelle presenti nel nostro linguaggio e nei nostri gesti, affrontarle come una questione culturale e non solo legale, considerarle alla stregua di una cattiva condotta scientifica, vale a dire come un elemento che penalizza la qualità del lavoro di ricerca.
Come Comitato invitiamo tutte e tutti noi:
1. a impegnarci a sostegno dell’inclusione delle differenze, a fare attenzione ai nostri atteggiamenti, alle parole che usiamo, a intervenire quando notiamo un atteggiamento verbale o fisico prevaricatore;
2. a partecipare alla prossima formazione sulle Safe Zone;
3. a ricordare alle studentesse e agli studenti quali sono le strutture di supporto offerte dall'Ateneo, per dargli forza: il CAV, il CUG, la Consigliera di fiducia, la Garante di Facoltà, ma anche le Safe Zone e il nostro Comitato per le Pari Opportunità. Ricordare che queste figure rappresentano anche un osservatorio scientifico, il quale può valutare la necessità di interventi specifici e contribuire all'attivazione di politiche migliori e più efficaci.
Per questo abbiamo preparato un vademecum, che alleghiamo al presente comunicato, e che vi invitiamo a mostrare alle studentesse e agli studenti all’inizio delle prossime lezioni.
Indicare questi strumenti di Ateneo alla nostra comunità studentesca potrebbe, a nostro avviso, divenire una buona prassi da ripetere per ogni insegnamento dei nostri corsi di laurea all’inizio di ogni semestre.
Ricordiamo, soprattutto alle studentesse e agli studenti, che è possibile rivolgersi al Comitato Pari Opportunità del Dipartimento di Chimica per avere ascolto, supporto e proporre iniziative che aiutino a contrastare qualunque forma di discriminazione e di violenza scrivendo a gepgroup.chimica@uniroma1.it.
Concludiamo con le parole di Francesca Mannocchi:
“Il danno che ci hanno prodotto gli abusi che abbiamo subito è irreparabile.
Ma la lingua no, la lingua è riparabile e sarà la nostra prima e ultima forma di giustizia.
Cominciamo a capovolgere il lessico per demolire la violenza contro le donne.
Come ha fatto Gisèle Pelicot: Non siamo noi che dobbiamo vergognarci.
La vergogna deve cambiare lato perché ci vogliamo tutte vive”.
Il Comitato Pari Opportunità del Dipartimento di Chimica